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LOMBALGIA E SCIATALGIA NELL'ANZIANO
Data: 16/11/2019
Il notevole aumento della vita media, il maggior benessere, la pratica di sport fino a età avanzate, ha incrementato patologie che in altri tempi erano più rare e meno evidenti. Questo avviene anche per le malattie muscolo-scheletriche: il dolore legato a fenomeni degenerativi era una volta trascurato, accettato come una condanna irreversibile, e curato solo con sintomatici.
La domanda dei pazienti di poter di godere di un benessere fisico e di una mobilità indolore, e la necessità da parte del medico di fornire risposte terapeutiche soddisfacenti, ci devono spingere a precisare meglio i quadri clinici che interessano il rachide nell’età avanzata, onde poter disporre di strategie terapeutiche adeguate. Una prima fondamentale osservazione è che, con l’aumentare dell’età, aumentano le cause “maggiori” di dolore vertebrale e sciatico: tumori del tessuto nervoso, od ossei primitivi e soprattutto secondari ad altre localizzazioni, mammella , prostata, colon, rene, tiroide, polmone, oppure neoplasie che comprimono i nervi spinali lombari nel loro decorso pelvico; aneurismi dell’aorta addominale; patologie reumatiche, come la iperostosi vertebrale diffusa idiopatica (DISH) che provoca gravi deformazioni dei corpi vertebrali con osteofitosi “a ponte”, spesso associata al diabete; o la polimialgia reumatica, che oltre al cingolo scapolo-omerale, colpisce anche quello pelvico, con lombalgie e dolori alle anche e agli arti inferiori; sacroileiti reumatiche, infettive, condensanti, anche come conseguenza delle artroprotesi totali d’anca, oltre a forme più rare, come le disciti, le cisti sinoviali, la lipomatosi epidurale, e altre.
La causa più frequente rimane ovviamente l’ernia discale, in genere sottolegamentosa, spesso limitata a una semplice protrusione, dei dischi lombari terzo, quarto e quinto, spesso interessandoli tutti; meno frequenti le ernie espulse, che sono appannaggio di un’età più giovane.
Molto estese le lesioni degenerative dei dischi anche in assenza di ernia: disidratazione, fenomeni infiammatori, ma soprattutto degenerativi della componente ossea, che implica un aumento di volume delle articolazioni interapofisarie, dovuto ad apposizione ossea di natura artrosica, che spinge all’interno del canale vertebrale i legamenti gialli, a loro volta ipertrofici. Questi fenomeni determinano una riduzione di ampiezza del canale vertebrale, la cosiddetta stenosi, che si manifesta con dolore agli arti inferiori che insorge e si aggrava con il cammino, e qualche volta perdita della sensibilità e della forza. Ernia discale e stenosi canalare possono coesistere,determinando un reciproco peggioramento dei sintomi.
Un momento fondamentale nell’approccio al paziente lombosciatalgico è certamente quello diagnostico. Una volta accertato che non vi sono cause più gravi di dolore, e che l’indagine deve restringersi alle patologie propriamente intervertebrali, questa non deve essere basata solo sui reperti radiografici, ma deve essere affiancata da una valutazione clinica che permetta di orientarsi “sul campo” alla ricerca dell’origine del dolore.
Stabilita l’origine del dolore e la mappa della sua distribuzione, veniamo alla terapia: vi sono naturalmente diverse opzioni, legate anche alla specialità di chi la prescrive.
La prima opzione, anche in senso temporale, è ovviamente quella farmacologica
Nei casi più gravi, vi sono poi le tecniche di Terapia del Dolore.
Infine la chirurgia. La discectomia deve essere limitata a casi di vera radicolopatia con segni neurologici ingravescenti, o di una sindrome della cauda equina. L’artrosi delle faccette articolari, quasi sempre presente, con la relativa stenosi del canale compromette spesso i risultati, che sono limitati specie a distanza. La vera stenosi può valersi di un intervento di apertura del canale e di artrodesi ma per le ragioni dette questi interventi vanno attentamente ponderati. I distanziatori interspinosi non hanno, nella nostra esperienza, risultati convincenti a breve e lungo termine.
Per concludere, è necessario che tutti, MMG e specialisti, maturino verso il paziente lombosciatalgico anziano un atteggiamento fiducioso e un ruolo più fattivo, che le nostre attuali conoscenze ci consentono, nella diagnosi come nella terapia, affinché questi malati non vengano abbandonati stancamente a sè stessi e all’inferno quotidiano del dolore cronico.